lunedì 9 febbraio 2009

Ungaretti e l'immenso

 

GIUSEPPE UNGARETTI

MATTINA


M'illumino
D'immenso
.

Santa Maria la Longa, 26 gennaio 1917

(da Allegria di naufragi, 1919)


Caratteristica dell'Ermetismo è la scarnificazione del verso e della poesia: un condensare l'espressività nelle parole, un ridurre al minimo - come i cuochi preparano certe salse a base di vino, lasciando bollire a lungo per avere un liquido molto denso: da una bottiglia di Bonarda non ricavano che pochi cucchiai di sugo.  La poesia più "ermetica" in questo senso è senza dubbio "Mattina" di Giuseppe Ungaretti, quella che tutti conoscono a memoria per la sua brevità. Scarna, essenziale. Un verbo e un sostantivo preceduti da un'unica lettera apostrofata: anche questa elisione serve a "ridurre". Eppure, ogni parola, lasciata decantare e purificata, è evocativa: il titolo "Mattina" ci guida ad immaginare un bel giorno soleggiato, davanti all'orizzonte di una marina, dove la luce viene a rappresentare l'essenza dell'immensità del cosmo. "Cielo e mare" era in effetti il primo titolo di questa minuscola poesia scritta il 26 gennaio 1917 a Santa Maria la Longa, in zona di guerra, in un paesaggio innevato. Ancora una volta dunque Ungaretti, come per "Nostalgia" e "Bosco Cappuccio" esulava attraverso la poesia dai campi di battaglia, dalle trincee, evadendo verso il ricordo di un luogo caro.


Fotografia © Free4Kwallpapers




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LA FRASE DEL GIORNO
Trovata la via della logica, un ciottolino può diventare un macigno o viceversa, e tenersi sul filo in bilico, e può passargli sotto per godersi l'ombra, un uomo tranquillo, non più sgomento di un granellino di sabbia.
GIUSEPPE UNGARETTI, Ragioni d'una poesia




Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.


4 commenti:

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

Ricordo ancora (ed ero una bimba di prima media) la sensazione di attonita sorpresa che mi diede l'incontro con la prima lettura di questi versi di Montale.
Il dilagare di onde emotive, da quella sua essensialità mi aveva lasciato incredula ed attonita. E continuavo a rileggermi quelle due righe, come a soppesarle...
Evidentemente, già allora avevo tutti i sintomi dell'inebriamento successivo....eheh...

Luciana - comoinpoesia
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PS:
Daniele, vorrei mettermi in contatto con te per larioininpoesia, ma temo che la casella email in mio possesso non sia più attiva: la corrispondenza mi ritorna indietro.
Potresti gentilmente inviarmi la tua mail a ventifebbraio@iol.it ? (grazie!)

DR ha detto...

Ungaretti, naturalmente. Un piccolo lapsus di tastiera. Credo che tutti noi siamo diventati poeti partendo da Ungaretti, da questi versi apparentemente semplicissimi ma in realtà complessi. Poi abbiamo scoperto altre strade, sempre grati però a quell'ebbrezza data da una poesia brevissima.

Anonimo ha detto...

l'amatissimo "babbo Eugenio" non mi perdonerà mai: come ho potuto, pur soprappensiero estatico, picchiettar sui tasti il suo nome al posto di quello di "zio" Giuseppe...(ssssigh...!)

DR ha detto...

Capita... La mente ha di questi cortocircuiti da associazione di idee: forse indica una preferenza per Montale, come è per me.