venerdì 13 marzo 2009

Attualità del "Fu Mattia Pascal"


Non è un caso che Luigi Pirandello scriva "Il fu Mattia Pascal" nel 1904: le introspezioni di Sigmund Freud sono state formulate pochi anni prima, la psicanalisi è una scienza in evoluzione. L'indagine al centro del romanzo è quella che perlustra il sentimento dell'assurdo insito come una larva all'interno dell'uomo contemporaneo, di fronte allo sconcerto del caos universale. Mattia Pascal quindi rappresenta un'esplorazione dell'identità: approfittando del fatto che è creduto morto, vaga per gli oscuri viali della sua esistenza, rimanendo però beffato dal suo privilegio. 

Il contrasto tra la realtà e l'apparenza, la categorizzazione degli uomini e delle donne in ruoli dai quali non si possono più assurdamente distaccare sono i temi che il Nobel siciliano prediligeva. "Il fu Mattia Pascal" non sfugge a questa condizione: il protagonista, che lascia la casa dopo un litigio con la moglie e per una serie di circostanze - è creduto morto, si trasferisce a Roma sotto le mentite spoglie di Adriano Meis, vince al gioco a Montecarlo - si trova impossibilitato sia a percorrere la strada della nuova vita, privo di documenti, sia a riprendere la vecchia, in quanto la moglie si è risposata. "L'ombra di un morto, questo era la mia vita" dice Mattia Pascal sintetizzando i due anni trascorsi con un altro nome: e infatti l'esclusione - tema anche di un altro romanzo, "L'esclusa", cacciata di casa perché creduta a torto adultera - è il corollario delle convenzioni sociali, del loro ruolo vincolante, dell'impossibilità di uscirvi.

Emblematico è l'incipit del romanzo: 

Una delle poche, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il senno fino al punto di venire, da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo:
– Io mi chiamo Mattia Pascal.
– Grazie, caro. Questo lo so.
– E ti par poco?
Non pareva molto, per dir la verità, neanche a me. Ma ignoravo allora che cosa volesse dire il non sapere neppur questo, il non poter più rispondere, cioè, come prima, all'occorrenza:
– Io mi chiamo Mattia Pascal.
Qualcuno vorrà bene compiangermi costa così poco, immaginando l'atroce cordoglio d'un disgraziato, al quale avvenga di scoprire tutt'a un tratto che... sì, niente, insomma: né padre, né madre, né come fu o come non fu; e vorrà pur bene indignarsi (costa anche meno) della corruzione dei costumi, e de' vizii, e della tristezza dei tempi, che si tanto male possono esser cagione a un povero innocente. 

Non c'è nulla se non le maschere, secondo Pirandello: si è "uno,nessuno e centomila", è impossibile realizzarsi pienamente, interagire con gli altri, anche le verità non sono uniche, ma sfaccettate a seconda degli interlocutori, dei singoli che vivono nelle loro unità: "Fuori della legge e fuori di quelle particolarità liete o tristi che siano per cui noi siamo noi, non è possibile vivere". Questo individualismo si inserisce nell'assurdità della vita, si dispiega nell'incapacità di comunicare con gli altri. E il relativismo così scettico e pessimistico di Pirandello, portato avanti in tutta la sua opera, rimane attuale in questo inizio secolo così povero di valori: discriminare bene e male, vero e falso, realtà e illusione diventa sempre meno facile.



René Magritte, "Le fils de l'homme", 1964



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LA FRASE DEL GIORNO
Ciò che conosciamo di noi è però solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa.
LUIGI PIRANDELLO, Novelle per un anno, L'Avemaria di Bobbio




Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936), drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Per la sua produzione, le tematiche affrontate e l'innovazione del racconto teatrale è considerato tra i più importanti drammaturghi del XX secolo. Tra i suoi lavori spiccano diverse novelle e racconti brevi e circa quaranta drammi.



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