giovedì 6 maggio 2010

Oltre l’umido lillà

Il lillà, il cui nome scientifico è Syringa vulgaris, noto anche come “serenella”, è un arbusto dai fiori profumatissimi, diffuso un po’ ovunque, che allieta gli occhi e il naso tra la primavera e l’estate. È un fiore amatissimo dai poeti. Basti ricordare il citatissimo incipit della “Terra desolata” di Thomas Stearns Eliot: “Aprile è il mese più crudele, genera | Lillà da terra morta, confondendo | Memoria e desiderio, risvegliando | Le radici sopite con la pioggia di primavera”. Ecco una piccola carrellata di poesie in cui il lillà è protagonista, generando diversi stati d’animo.


Fotografia © Marisa DeMeglio

ALEJANDRA PIZARNIK

QUESTO LILLÀ

Questo lillà si spoglia.
Cade da se stesso
e occulta la sua vecchia ombra.
Morirò pressappoco così.

(da La figlia dell’insonnia, 2004 -  Traduzione di Claudio Cinti


  


ARSENIJ TARKOVSKIJ

PRIMI INCONTRI

Ogni istante dei nostri incontri
lo festeggiavamo come un’epifania,
soli a questo mondo. Tu eri
più ardita e lieve di un’ala di uccello,
scendevi come una vertigine
saltando gli scalini, e mi conducevi
oltre l’umido lillà nei tuoi possedimenti
al di là dello specchio.
Quando giunse la notte mi fu fatta
la grazia, le porte dell’iconostasi
furono aperte, e nell’oscurità in cui luceva
e lenta si chinava la nudità
nel destarmi: “Tu sia benedetta”,
dissi, conscio di quanto irriverente fosse
la mia benedizione: tu dormivi,
e il lillà si tendeva dal tavolo
a sfiorarti con l’azzurro della galassia le palpebre,
e sfiorate dall’azzurro le palpebre
stavano quiete, e la mano era calda.

Nel cristallo pulsavano i fiumi,
fumigavano i monti, rilucevano i mari,
mentre assopita sul trono
tenevi in mano la sfera di cristallo,
e – Dio mio! – tu eri mia.

Ti destasti e cangiasti
il vocabolario quotidiano degli umani,
e i discorsi s’empirono veramente
di senso, e la parola tu svelò
il proprio nuovo significato: zar.

Alla luce tutto si trasfigurò, perfino
gli oggetti più semplici – il catino, la brocca – quando,
come a guardia, stava tra noi
l’acqua ghiacciata, a strati.

Fummo condotti chissà dove.
Si aprivano al nostro sguardo, come miraggi,
città sorte per incantesimo,
la menta si stendeva da sé sotto i piedi,
e gli uccelli c’erano compagni di strada,
e i pesci risalivano il fiume,
e il cielo si schiudeva al nostro sguardo…

Quando il destino ci seguiva passo a passo,
come un pazzo con il rasoio in mano.

(da Primi incontri, in Poesie scelte, 1989 -  Traduzione di G. Zappi)





GIOVANNI PASCOLI

CON GLI ANGIOLI

Erano in fiore i lillà e l’ulivelle;
ella cuciva l’abito di sposa;

né l’aria ancora apria bocci di stelle,
né s’era chiusa foglia di mimosa:

quand’ella rise; rise, o rondinelle
nere, improvvisa: ma con chi? Di cosa?

rise, così, con gli angioli; con quelle
nuvole d’oro, nuvole di rosa.

(da Myricae, 1891)


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LA FRASE DEL GIORNO
Lo studio era pieno dell'intenso odore delle rose e, quando il dolce vento d'estate serpeggiava fra gli alberi del giardino, per la porta aperta entrava la pesante fragranza dei lillà o il profumo più sottile dei rovi in fiore.
OSCAR WILDE, Il ritratto di Dorian Gray




Alejandra Pizarnik (Avellaneda, 29 aprile 1936 – Buenos Aires, 25 settembre 1972),  poetessa e traduttrice argentina. La sua poesia è la risposta alle ansie e alle crisi depressive che la portarono a uccidersi ingerendo 50 pastiglie di Seconal: pura indagine, continua domanda sull’esistenza, sulla colpa e sull’eterno soffrire.


Arsenij Aleksandrovič Tarkovskij (Elisavetgrad, 25 giugno 1907 – Mosca, 27 maggio 1989), poeta e traduttore russo di origine ucraina, padre del regista Andrej Tarkovskij.  È uno dei principali poeti russi emersi dall'era sovietica, sebbene durante la maggior parte della sua vita fosse noto per le traduzioni di poesie arabe e asiatiche.


Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.



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