lunedì 4 maggio 2009

La poesia secondo Montale

EUGENIO MONTALE
NON CHIEDERCI LA PAROLA

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

(da Ossi di seppia, 1925)


Se c'è una poesia che enuncia compiutamente la poetica di Eugenio Montale, quella è "Non chiederci la parola": la "teologia negativa" di cui la critica parla è espressa appieno da questi versi che formulano l'idea montaliana di poesia. Non è possibile ottenerne messaggi o formule, né averne certezze, semmai illusioni, solo contorte parole che danno voce a questa coscienza negativa, alla caduta del mito consolatorio.

Salta agli occhi la presenza di immagini desolate, frequenti in Ossi di seppia: qui il "polveroso prato", lo "scalcinato muro", altrove i "calvi picchi", "l'accartocciarsi della foglia riarsa", "il rovente muro d'orto", le "pozzanghere mezzo seccate". Questa aridità delle immagini assume evidentemente un significato metafisico, legato alla disincantata visione della realtà, del "male di vivere", al deserto in cui si è trasformato il vivere. Se non ci sono certezze, politiche o religiose, se l'animo è "informe", allora non ci sarà la gioia, non ci sarà la felicità che può dare la vista di un meraviglioso fiore giallo spuntato in un prato rinsecchito. "Proprio la linfa del «secco» ramo, ed essa sola, alimenta in Montale il fiore della poesia" osservò Alfredo Gargiulo nella prefazione all'edizione del 1928.

C'è invece chi queste certezze le ha e non vive la precarietà della condizione umana come un tormento: Montale se ne sente lontano, estraneo, pur ammirandone la forza, priva di smarrimenti e di angosce. Lui però non ha altro da offrire che gli stentati versi delle sue poesie: parole che non vivificano, scabre, pietrose; parole che  non sono in grado di consolare, ma solo di attestare quella condizione negativa che riveste la vita umana. Commenta ancora Alfredo Gargiulo: "La vita séguita solo come un riconosciuto non vivere". E la poesia è testimonianza di questo non vivere.



Luisa Gaye Ayre, “Crocus”

 

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LA FRASE DEL GIORNO
Non è possibile passare così, semplicemente, attraverso la vita e in mezzo agli uomini, là con odio e qui con amore, qui con ammirazione e là con disprezzo, invece tutto convive confuso e vicino, a malapena separabile e in certi momenti in modo a malapena distinguibile.
HERMANN HESSE, Gertrud




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.


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