venerdì 18 settembre 2009

Parole antiche: gaggio

GAGGIO (s.m) deriva dal francese gage, a sua volta dal francone waddi, pegno, affine al latino vas, garante. È appunto il pegno, la caparra, tanto che “pagare a gaggio” significava pagare a usura. Il Pucci raccontava: “Sessantamila doble e più d’assai / gli prestò senz’alcun gaggio volere”. Per estensione indicava anche l’ostaggio: Giovanni Villani, cronista del Trecento, scrisse “Messer Marco non volle ritornare a Lucca, perocchè era in gaggio per lo Bavero a’ Cavalieri del Cerruglio”. E “penna a gaggio” significa  scrittore prezzolato. Direi che adesso ce ne sono molti, viste le recenti polemiche che hanno coinvolto Repubblica, Espresso, Giornale e Avvenire.

Una seconda accezione è quella del soldo, la paga ai militari che si arruolavano volontariamente negli antichi eserciti, passato a indicare con il tempo qualsiasi tipo di stipendio. Così scriveva ad esempio ancora Giovanni Villani: “Dugento migliaia di fiorini d’oro , che davano al Duca per suo gaggio”.

E ancora, per estensione il gaggio è un premio, una ricompensa, come appare chiaro in questa terzina dal VI canto del “Paradiso” di Dante: “Nel commensurar d’i nostri gaggi / col merto è parte di nostra letizia / perché non li vedem minor né maggi”.

Oggi non è più usata, ma ha avuto un ritorno di fiamma nel linguaggio dei paninari degli Anni ‘80: “gaggio” era il metallaro. Il dizionario storico dei linguaggi giovanili scritto nel 2004 da Renzo Ambrogio e Giovanni Casalegno si intitola per l’appunto “Scrostati, gaggio!”.

 

© Zoonar

 

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LA FRASE DEL GIORNO
Dopo circa quaranta secoli di civiltà orale la Parola è una moneta inflazionata
JEAN GUITTON, Il genio di Teresa di Lisieux

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