sabato 4 ottobre 2014

Rose cieche

 

RAFAEL MORALES

I NON AMATI

Che solitudine del corpo, dell’anima;
che vuoto negli occhi, che vuoto nel sangue.
Nessuno ascolta la loro pena né il respiro caldo,
rosa ardente nell’aria.

Le loro bocche rosse d’amore, si aprono per il bacio;
le loro fronti cercano mani, carezze amorose
di un cielo lontano.

Le loro mani si alzano dolci, piene d’ombra,
innamorate;
si levano tremanti come tristi fantasmi,
rosse d’amore, rose morte, al cielo;
rose cieche che cercano nella notte
la grande luce rosata.

Alto volo di angoscia, alta torre di sangue
si ergono questi uomini verso un cielo impassibile
dove non c’è nessuno.

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“La disgrazia più grande non è non essere amati, ma non amare” scrisse Albert Camus nei suoi taccuini. Eppure, se sentirsi dire “Ti amo” è una grandissima gioia, altrettanto non essere amati deve essere una pena grandissima, che apre un regno di solitudine, come quello dipinto con il suo stile classicheggiante e qua e là anche un po’ barocco dal poeta spagnolo Rafael Morales.

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FOTOGRAFIA © SAMSUNG

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LA FRASE DEL GIORNO
Non essere amati è una sofferenza grande, però non la più grande. La più grande è non essere amati più.
MASSIMO GRAMELLINI, Fai bei sogni




Rafael Morales Casas (Talavera de la Reina,  31 luglio 1919 – Madrid, 29 giugno 2005), poeta spagnolo. Dall'amore, il paesaggio e il tempo dei suoi primi libri, passò nel 1947 alla poesia sociale ed esistenziale ed entrò a pieno titolo nella poesia sradicata. In seguito affrontò il tema della città e delle sue miserie e cantò con delicata sensibilità le piccole cose, gli umili e i dimenticati. 



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