domenica 25 ottobre 2015

Quel fiore

 

KO UN

L’HO VISTO SCENDENDO

L’ho visto scendendo
quel fiore che non avevo visto
salendo.

(da Fiori d’un istante, 2001 – Traduzione di Vincenza D’Urso)

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Le poesie così brevi di solito offrono numerosi appigli all’interpretazione: così questa del poeta sudcoreano Ko Un, da anni candidato al Nobel. Cosa si può dire? Che spesso i punti di vista cambiano le nostre percezioni, certo. Che l’essere umano è limitato, ma che riesce comunque a rapportarsi in qualche modo con la realtà e con quello che va al di là di essa (la poesia).  Ma non solo: che, impegnati nel salire, spesso ci prefissiamo solo di raggiungere la meta a discapito di tutto il resto, mentre nello scendere (il desiderio realizzato, il traguardo ormai raggiunto) abbiamo la possibilità di allargare lo sguardo, di abbracciare tutto l’orizzonte. E ancora: che le cose – come pensava Cesare Pavese – si notano la seconda volta, ovvero quando sono ricordate (e in questo caso è un ricordo inconscio). Niente male, per sole undici parole…

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Sabo

FOTOGRAFIA © MIRO SABO/PANORAMIO

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando i fiori parlano / il suo volto sorride luminoso
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KO UN, L’isola che canta




Ko UnKo Un (Kunsan, 1° agosto 1933), è il massimo poeta sudcoreano del XX secolo. Monaco buddista, tornò allo stato laicale disgustato dalla corruzione del clero. Prese parte alla lotta per i diritti umani nel suo paese negli anni del regime militare, finendo anche in carcere. Sposatosi nel 1983, la sua vita si fece più tranquilla. È stato più volte candidato al Premio Nobel.

1 commento:

Paolo ha detto...

bella la poesia di pochi versi, gli aiku giapponesi e questa. E' che salendo si guarda la meta, solo scendendo si abbassano gli occhi e proprio allora si vede quel fiore.