sabato 31 marzo 2018

Un pendaglio in più


ALBERTO BEVILACQUA

IL PENDAGLIO

Esisto nell’invano
di te,
prezioso, solitario istante
che pure sopravvive al tuo avvenire:
una lacrima spersa
nel tuo lungo rimorso che mai
potrà dirti di me?
se il tempo ti modella,
ragazza mia,
nel tuo specchio già tramato dalle ombre
dove resto
la tua ora che comunque si avvicina
– tra l’azzurro e la ruggine sto
col ninnolo che ti regalò tua madre,
sono un pendaglio
in più
d’antica storia fra i tuoi seni ricurvi

(da Le poesie, Mondadori, 2007))

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Jorge Luis Borges, a proposito della poesia di Alberto Bevilacqua, sottolineava del  poeta parmense questo “potere di far apparire esseri viventi lontani e amati”. Non è solo questo: è anche la capacità di far apparire i corpi nella loro fisicità, nella loro sensuale carnalità, come in questa figura di donna amata che conserva l’io del poeta come una memoria.

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Collana

MARIE FOX, “LA SUA NUOVA COLLANA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Bellezza, un senso del nulla, / il solo forse, / che percepisce il mondo / che ci scruta dal fondo del suo specchio / dove riflette solo chi ci manca.
ALBERTO BEVILACQUA, Piccole questioni di eternità




Alberto Bevilacqua (Parma, 27 giugno 1934 - Roma, 9 settembre 2013), scrittore e regista italiano, celebre per i romanzi “La Califfa”, “Questa specie d’amore” e “Il curioso delle donne”, è stato anche sceneggiatore, giornalista e poeta. Sensualità, nostalgia e disillusione sono tra i suoi temi prediletti.


venerdì 30 marzo 2018

Sul mare d’erica


EMILY BRONTË

IL SOLE È TRAMONTATO

Il sole è tramontato, la lunga onda dell’erba
oscilla tetramente al vento della sera
e l’uccello ha lasciato la vecchia pietra grigia
e ha cercato il caldo rifugio di un nido.

Nel solitario orizzonte che mi circonda
non vedo immagini non odo alcun suono
se non il soffio del vento lontano
che sospira sul mare d’erica.

(The sun has set, da 35 poesie, Mondadori, 1997 - Traduzione di Anna Luisa Zazo)

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Una poesia impressionista: è infatti un susseguirsi di impressioni e sensazioni con cui la poetessa inglese Emily Brontë, spirito libero e ribelle, descrive il crepuscolo che segue un tramonto sulla brughiera, le moors dello Yorkshire che si estendono a perdita d’occhio e che sembrano  uno sconfinato mare di erica dove lo sguardo spazia perdendosi (“Quando mi annullo e niente mi è vicino”).

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Erica

FOTOGRAFIA © JANET BURDON

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LA FRASE DEL GIORNO
Sono felice quanto più lontana / sospingo la mia anima dalla casa di argilla / nella notte spazzata dal vento e dalla luna, / e per i mondi di luce l’occhio vagabonda.
EMILY BRONTË, Poesie




OLYMPUS DIGITAL CAMERAEmily Jane Brontë (Thornton, 30 luglio 1818 - Haworth, 19 dicembre 1848), scrittrice e poetessa inglese, è nota soprattutto per il romanzo “Cime tempestose”. Le sue poesie, pubblicate insieme. quelle delle sorelle Anne e Charlotte con lo pseudonimo di Currer, Ellis e Acton Bell, hanno un'ispirazione metafisica e visionaria.


giovedì 29 marzo 2018

Giovedì santo


DAVID MARIA TUROLDO

VIGILIA DI PASQUA

Giorni chiari, sereni e notti d'argento,
il fiume è una fascia di perle tra il bosco e i campi;
già odora la terra di sangue e pane.
Alle betulle bianche e agli olmi in fila
primavera appende ormai
i suoi ricchi pavesi di verde.
Sono arrivati gli uccelli dal sud,
schiamazzano dal primo mattino
in cima al melo ai tigli al pino e fanno
un dondolìo flessuoso di rami.
Le rondini frecciano in giostra pazza
intorno alla chiesa rapita
e sui nastri bianchi de' ruscelli
in mezzo al grano. I monaci
dalla finestra gettano chicchi di riso
e mollica di pane ai passeri
e molti vengono ai davanzali
e guardano dentro le celle
candide come veli di spose.

Miei cari, finalmente anch'io so benedire:
la passione di Cristo più non rechi paura.
Questo è giovedì santo : mi pare sentirlo
tossire nell'orto e certo risuda
sangue, ma almeno le piante
e queste creature semplici sono
a lui infallibili amiche.
Quest'anno gli ulivi
daranno un olio più dolce,
e le mucche un latte più bianco.
E' possibile - amici - sentirci almeno un giorno,
un giovedì di passione, pienamente felici.
Il vecchio dolore, le rinunce antiche,
- sanguinanti le mani, il costato, domani
per nuove pressure e ferite -
i distacchi violenti di ieri
dalla madre e dai volti amati:
per questo mistero di vita
lucente di pasque non solo umane
ma di selve di acque di fiori,
tutto può essere mutato in gioia tranquilla.

Allora, fratelli e alberi, con me salutate
il sole che torna sulla grande valle.
Fringuelli, allodole, portate in giro il mio canto:
lungo i raggi del sole
sia dispiegato amore
sulle facciate delle case
su tutta la pianura;
e noi, vestiti a festa, andiamo per le strade
a narrare i dolci, pacati ricordi
della lunga giornata
nella divina verità che ogni cosa compone.

Così almeno un giorno piangiamo
ma non di dolore. O Dio,
sangue mio dolce e caro,
perdona questa ragione
reticolata alla nostra solitudine
che impediva la fonte del canto.

Domani è il giorno del colle che sanguina:
uccelli, volate sulla croce
a cantare intorno al capo di Dio.

Noi siamo un fiume solo
se uno ha peccato
tutti siamo feriti.
Invece il cielo gli agnelli i prati
sempre fedeli a compiere lo stesso mistero
inesauribile di riti novelli.
E’ Dio che in essi fiorisce,
si espande, dilaga
e poi ritorna a fiorire.

Dove sarà mai paradiso
Fuori di questa unione divenuta cosciente?
Questo solo è peccato,
origine di ogni altro errare:
il non aver saputo che la terra è di Dio.
Ed egli è nel cuore delle cerve
e sotto le ali delle rondini.
Allora, o creature innocenti, pure voi
Aiutatelo a chieder perdono.

(da Poesie, Neri Pozza, 1971)

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La primavera e la Pasqua: David Maria Turoldo, poeta e frate servita vi legge una duplice resurrezione: quella del Cristo e quella della natura, che si veste a festa per la sua nuova vita, dopo il lungo periodo invernale. E tutti, dice, tutti condividiamo questa vita, uomini, donne, fringuelli, allodole, olmi e betulle…

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Botticelli

SANDRO BOTTICELLI, “ORAZIONE NELL’ORTO”, 1550 – GRANADA, CAPPELLA REALE

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LA FRASE DEL GIORNO
E poi andrò a lavarmi nel fiume / e all’alba passerò sulle porte / di tutti i miei fratelli /
e dirò a ogni casa: pace!
DAVID MARIA TUROLDO, O sensi miei




David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), presbitero, teologo, filosofo, scrittore e poeta italiano, membro dell'Ordine dei servi di Maria. Fu sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso della Chiesa, di ispirazione conciliare.


mercoledì 28 marzo 2018

Il bacio indistruttibile


VICENTE ALEIXANDRE

ANCORA

Bacio lieto, incurante colomba,
bianchezza tra le mani, sole o nube;
cuore che non si prova a volare perché basta
il calore, basta l’ala che vive labbra pettinano.

Si sente fuori il giorno, non esiste che amore.
Tu ed io in bocca sentiamo nato quel che non vive,
il bacio indistruttibile quando la bocca è ali,
ali che mentre gli occhi si chiudono ci soffocano,
mentre la luce d’oro è là dentro le palpebre.

Vieni, fuggiamo quieti come l’amore;
vita come il calore che è tutto il mondo solo,
la musica soave che trema sotto i piedi,
mondo che unico vola con la luce di un astro vivo,
come un corpo o due anime, come un ultimo uccello.

(da La distruzione o amore, 1935 - Traduzione di Francesco Tentori Montalto)

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La cronaca in diretta da un bacio, raccontata dal poeta surrealista spagnolo Vicente Aleixandre, in cerca non “di ciò che raffinatamente differenzia, ma di ciò che essenzialmente unisce (...) di quanto nell’uomo è elementare, primario”. È un mondo visionario il suo, creato dalle voci che vengono dal profondo dell’io, come le sensazioni di questo bacio.

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Bacio

RON HICKS, “BACIO AL CAFFÈ”

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LA FRASE DEL GIORNO
So che due corpi amano, due anime si fondono.
VICENTE ALEIXANDRE, La distruzione o amore




AleixandreVicente Aleixandre (Siviglia, 26 aprile 1898 – Madrid, 14 dicembre 1984), poeta  spagnolo della Generazione del’27, passò dall’iniziale Surrealismo a una visione antropocentrica. Fu insignito del Premio Nobel nel 1977. “per un'opera di creazione poetica innovativa che illustra la condizione dell'uomo nel cosmo e nella nostra società attuale”.



martedì 27 marzo 2018

Un ombelico interno


MARIA LUISA SPAZIANI

LA MORSA DEL SALTO

Il desiderio è scivolare in sé,
è un ombelico interno che concentra
ogni energia, la rapida che preme
sul pettine ruggente della diga.

È scrimolo infernale, il punto-crisi
dell'acqua che sprofonda verso i quieti
allegretti del fiume. Ma mi si stringe
crudelmente la morsa del salto.

(da La traversata dell'oasi, Mondadori, 2002)

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Maria Luisa Spaziani, osservando il vortice dell’acqua che si affanna a oltrepassare l’ostacolo di una diga per poi riprendere dopo il fragore il suo corso tranquillo, scrive una poesia dai toni molto intimisti, in cui l’impressione di quella vista si trasforma in riflessione interiore, quasi che i pensieri stessi e i sentimenti creassero un identico vortice nell’anima e nell’io.

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Adda - Diga Edison

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
Ventiquattr'ore. Anche oggi ho inghiottito / la cucchiaiata amara e dolce.
MARIA LUISA SPAZIANI, I fasti dell’ortica




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922 – Roma, 30 giugno 2014), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.


lunedì 26 marzo 2018

Come i sentimenti


ANDREJ VOZNESENSKIJ

I VERSI NON SI SCRIVONO

I versi non si scrivono - capitano
come i sentimenti o il tramonto.
L’anima - una complice cieca.
Non hai scritto - è capitato così.

(da Assioma di autodeterminazione, 1990 - Traduzione di Donata De Bartolomeo)

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Molti poeti ritengono la poesia non come una ricerca, ma come un dono che si manifesta, una sorta di verità che si rivela, in un rapporto simile a quello tra Dio e i suoi profeti. Tra questi il poeta russo Andreij Voznesenskij, che considera la poesia un accadimento naturale, così come lo sono i tramonti, così come lo sono i sentimenti che proviamo: “Si può non essere poeta. Ma non si può sopportare, capisci, come urla la piccola striscia di luce, schiacciata dalla porta”.

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2013 Revenge of the Interpretation

RAFAL OLBINSKI, “RIVINCITA DELL’INTERPRETAZIONE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Poesia, come hai trovato la strada fino a me?
ISMAIL KADARÉ




VoznesenskijAndrej Andreevič Voznesenskij, Mosca, 12 maggio 1933 - 1° giugno 2010), poeta russo. Architetto, scoprì la sua vocazione poetica pubblicando il suo primo libro nel 1958. Nei suoi versi interpretò in quegli anni il disagio e le passioni delle giovani generazioni.


domenica 25 marzo 2018

La festa dell’ulivo


 

GIOVANNI PASCOLI

LA DOMENICA DELL’ULIVO

Hanno compiuto in questo dì gli uccelli
il nido (oggi è la festa dell’ulivo)
di foglie secche, radiche, fuscelli;

quel sul cipresso, questo sull’alloro,
al bosco, lungo il chioccolo d’un rivo,
nell’ombra mossa d’un tremolio d’oro.

E covano sul musco e sul lichene
fissando muti il cielo cristallino,
con improvvisi palpiti, se viene
un ronzìo d’ape, un vol di maggiolino.

(da Myricae, 1903)

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Detto così, en passant, sussurrato tra parentesi: “oggi è la festa dell’ulivo”, quasi che fosse soltanto una collocazione temporale, eppure assurge a titolo della poesia di Giovanni Pascoli. Il poeta romagnolo può così esprimere quello che gli è caro, la descrizione in bozzetto impressionistico della natura, della sua campagna nel risveglio di primavera, contemplata nel suo essere buona perché bella.


Ulivi

DISEGNO © FOX HOLLOW STUDIOS

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LA FRASE DEL GIORNO
Altro il savio potrebbe; altro non vuole / pago se il ciel gli canta e il suol gli odora.
GIOVANNI PASCOLI, Myricae




Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.


sabato 24 marzo 2018

Gregge infinito di onde


CORRADO GOVONI

LA PRIMAVERA DEL MARE

Anche il mare ha la sua primavera:
rondini all'alba, lucciole la sera.
Ha i suoi meravigliosi prati
di rosa e di viola,
che qualcuno invisibile, là, falcia,
e ammucchia il fieno
in cumulo di fresche nuvole.
Si perdon le correnti
come pallide strade
tra le siepi dei venti,
da cui sembra venire, nella pioggia,
come un amaro odore
di biancospino in fiore.
E certo, nella valle più lontana,
un pastore instancabile tonde
il suo gregge infinito di onde,
tanta è la lana
che viene a spumeggiare sulla riva.

(da Inaugurazione della primavera, La Voce, 1915)

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Il mare come un immenso campo: nasce da questa semplice analogia la poesia di Corrado Govoni, qui nella sua versione più lontana dal Futurismo, più vicina piuttosto a un crepuscolare simbolismo – la poesia, scritta nella primavera del 1914, ma uscita su “La Voce” il 15 marzo del 1915, impressionò favorevolmente Montale (“Trovo meraviglie di poesia nuova e autentica”). E dunque basta pensare che il campo è il mare: qualcuno lo falcerà ammucchiando covoni di nuvole, qualcuno vi pascolerà quelle greggi di onde, le toserà disperdendo bioccoli di lana, e un aroma di biancospino si diffonderà a tratti nell’aria di primavera.

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Pierre Marcel

DIPINTO DI PIERRE MARCEL

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LA FRASE DEL GIORNO
A me sembra che la primavera abbia tutti gli attributi del poema perfetto: ritmo e controritmo, sapore massimo di ogni istante, capovolgersi continuo di tempo e spazio.
CRISTINA CAMPO




Corrado Govoni (Tàmara, 29 ottobre 1884 – Lido dei Pini, 20 ottobre 1965), poeta e scrittore italiano. Dopo una prima esperienza crepuscolare aderì al futurismo, staccandosene in seguito per proseguire su una strada più personale, capace di coniugare toni crepuscolari, liberty e simbolisti.


venerdì 23 marzo 2018

Le ragioni di un uomo timido


FINA GARCÍA MARRUZ

UN’IMPROVVISA VEEMENZA

(CANZONE DI “LUCI DELLA RIBALTA”)

Come irrompono
precipitose, senza misura,
le ragioni di un uomo timido,
dapprima si assiepano queste quattro o cinque note,
si contraggono per un istante incommensurabile,
e poi si acquietano, convincenti
come una dichiarazione d’amore
che va mutandosi in un bizzarro addio.

Invano provano
a copiare questo tono i musicisti abitudinari.
Ripetono le stesse note
ma entrano in un ritmo lento e regolare
che le rende banali, diluite,
senza quei silenzi esitanti,
senza quei  tagli bruschi, quegli
adorabili incoraggiamenti
da vecchio mimo che ricorda
l’emozione del sipario che si apre,
come chi esce
da un lungo silenzio e, eccitato
dall’amicizia della neve tardiva
con la prima foglia verde,
si decide, e comincia infine a parlare,
con improvvisa veemenza.

(da Créditos de Charlot, 1990)

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Un altro omaggio della poetessa cubana Fina García Marruz al cinema di Charlie Chaplin, in questo caso a Luci della ribalta, capolavoro del 1952: è l’irruzione dell’amore nel cuore di un uomo timido – Calvero, il clown ora ridotto ad alcolista che ritrova se stesso nell’incoraggiare una giovane ballerina, Terry, a recuperare la coscienza dei suoi mezzi. La scena che Fina García Marruz trasforma in poesia è quella in cui Calvero cerca di convincere Terry, innamorata di lui, che l’uomo giusto per lei è piuttosto Neville, un giovane pianista premuroso e pieno di attenzioni.

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Luci

UNA SCENA DA “LUCI DELLA RIBALTA”

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LA FRASE DEL GIORNO
CINEMA MUTO: Non è che gli manchi / il sonoro, // è che ha / il silenzio.
FINA GARCÍA MARRUZ, Créditos de Charlot




Josefina García-Marruz Badía, nota artisticamente come Fina García Marruz (L’Avana, 28 aprile 1923), poetessa e ricercatrice letteraria cubana, è stata insignita del Premio Nazionale di Letteratura 1990, del Pablo Neruda 2007 e del Reina Sofia 2011. Con il marito Cintio Vitier prese parte al gruppo letterario della rivista Orígenes.


giovedì 22 marzo 2018

I giorni di marzo


BARTOLO CATTAFI

A UN POETA CHE NON AMA MARZO

Sono i giorni di marzo che detesti
la luce, il vento, gli ammassi nuvolosi
l’azzurro cristallo ove ti specchi
spettinato, stravolto.
E il vero perché della tua ira
risiede nelle grandi
partite di vento accatastate
in otri, sui docks, nei porti, negli scali
nei cassetti, nel cuore, nello struggente
sibilo della tua penna.
Consideri marzo un concorrente.

(da L'osso, l'anima, Mondadori, 1964)

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Un poeta cui non piace marzo? Impossibile... Mese volubile, arioso, capace di neve e di caldo, di vento e di pioggia, un Proteo dai mille volti. Ma, proseguendo nella lettura di questi versi del poeta siciliano Bartolo Cattafi, si risolve l’enigma: marzo è esso stesso poeta e poesia e quindi un concorrente...

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Narcisi

FOTOGRAFIA © PRINCIPALAIM

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LA FRASE DEL GIORNO
Serberò al tuo petto quell’odore / d’arancia viva, di verde domani.
BARTOLO CATTAFI

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Bartolo Cattafi (Barcellona Pozzo di Gotto, 6 luglio 1922 – Milano, 13 marzo 1979),  poeta italiano. La sua poesia spazia sui dilemmi esistenziali con sensibilità di diarista, spesso con uno sguardo metafisico dove sono protagonisti il vuoto e la solitudine. Nei suoi versi l tema del viaggio è una costante metafora del vivere.



mercoledì 21 marzo 2018

Giornata della Poesia 2018


Certo, come scrisse Juan Ramón Jiménez in epigrafe alla sua opera Eternità, “Amore e poesia ogni giorno”. Ma con i tempi che corrono è già tanto che si celebri la Giornata Mondiale della Poesia 2018, voluta dall’UNESCO a partire dal 1999 “riconoscendo all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione  del dialogo e della comprensione interculturali, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace”. E celebriamola quindi con due testi sulla poesia dei poeti polacchi Zbigniew HerbertWisława Szymborska, Premio Nobel 1996.


Poesia

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ZBIGNIEW HERBERT

LETTERA A RYSZARD KRYNICKI

Ben poco rimarrà Ryszard ben poco davvero
della poesia di questo secolo folle sì Rilke Eliot
qualche altro insigne sciamano che seppe il segreto
di incantare parole d'una forma refrattaria al tempo senza cui
non c'è frase degna di memoria e la lingua è come sabbia

i nostri quaderni di scuola sinceramente tormentati
segnati da sudore lacrime sangue saranno
per l'eterna correttrice come il testo d'una canzone privo di note
nobilmente reale fin troppo evidente

con fretta eccessiva abbiamo creduto che la bellezza non salvi
che conduca sventati di sogno in sogno alla morte
nessuno di noi ha saputo destare la driade del pioppo
leggere la grafia delle nuvole
perciò l'unicorno non seguirà le nostre orme
non risusciteremo la nave nella baia il pavone la rosa
c'è rimasta la nudità e stiamo nudi in piedi
dal lato destro il migliore del trittico
Il Giudizio Universale

ci siamo coricati sulle magre spalle i problemi pubblici
la lotta contro tirannia menzogna le trascrizioni della sofferenza
con avversari però - ammettilo - miserabilmente meschini
valeva dunque la pena di abbassare la sacra lingua
al bla-bla della tribuna alla nera schiuma dei giornali?

c'è così poca gioia - figlia degli dèi - nei nostri versi Ryszard
troppo pochi luminosi crepuscoli specchi ghirlande slanci
null'altro che cupe salmodie balbettio di animule
urne di ceneri in un giardino arso

quanta forza occorre per sussurrare
nell'orto degli ulivi malgrado la sorte
verdetti della storia iniquità umana - tacita notte

quanta forza occorre per far sprizzare
battendo alla cieca disperazione contro disperazione
una scintilla di luce una parola di conciliazione

perché eterno duri il cerchio del ballo sull'erba folta
il giorno benedetto della nascita d'un bimbo e ogni inizio
i doni dell'aria della terra e del fuoco e dell'acqua

io non lo so - Amico mio - perciò
ti mando nella notte questi enigmi di civetta
un cordiale abbraccio
l'inchino della mia ombra

(da Rapporto dalla città assediata, 1983 – Traduzione di Pietro Marchesani)

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WISŁAWA SZYMBORSKA

LA GIOIA DI SCRIVERE

Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi ad un'acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
Silenzio - anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta i rami generati dalla parola "bosco".

Sopra il foglio bianco si preparano al balzo
lettere che possono mettersi male,
un assedio di frasi
che non lasceranno scampo.

In una goccia d'inchiostro c'è una buona scorta
di cacciatori con l'occhio al mirino,
pronti a correr giù per la ripida penna,
a circondare la cerva, a puntare.

Dimenticano che la vita non è qui.
Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.
Un batter d'occhio durerà quanto dico io,
si lascerà dividere in piccole eternità
piene di pallottole fermate in volo.
Non una cosa avverrà qui se non voglio.
Senza il mio assenso non cadrà foglia,
né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.

C'è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?

La gioia di scrivere
Il potere di perpetuare.
La vendetta d'una mano mortale.

(da Uno spasso, 1967 – Traduzione di Pietro Marchesani)



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LA FRASE DEL GIORNO
I poeti, se sono genuini, devono continuare a ripetere “Non so". Ogni poesia è un tentativo di rispondere a questa affermazione.
WISŁAWA SZYMBORSKA, Lettura per il Nobel




Zbigniew Herbert (Leopoli, Ucraina, 29 ottobre 1924 – Varsavia, 28 giugno 1998), poeta, saggista e drammaturgo polacco. Discendente del poeta inglese George Herbert, durante la Seconda guerra mondiale prese parte alla Resistenza contro i nazisti. Esordì nel 1950 e la sua opera più nota è Il signor Cogito. Esule a Parigi dal 1986 al 1992 , tornò in Polonia dopo il trionfo di Solidarność.


Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.


martedì 20 marzo 2018

Il pioppo è stupito


BORIS PASTERNAK

PRIMAVERA

Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,
dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,
dove l’aria è azzurra come il fagottino della biancheria
di colui che è dimesso dall’ospedale!

Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
lasciato da una stella senza continuazione
per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
insondabili e privi di espressione.

(da Poesia russa del ‘900, Feltrinelli, 1960 - Traduzione di Angelo Maria Ripellino)

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Primi presagi di primavera, il disgelo. L'aria odora di frittelle e vodka, come il martedì grasso, quando il calendario stesso sembra far giochi di parole. Sonnolento, con gli occhi unti, il sole li socchiude nel bosco sonnolento, attraverso gli aghi simili a ciglia, il bosco li strizza, come coperte di grasso rilucono a mezzogiorno le pozzanghere. La natura sbadiglia, si stiracchia, si volta da un fianco all'altro e torna nuovamente ad assopirsi”: così scrive Boris Pasternak nel Dottor Živago. È una primavera ancora “apprendista”, quella che inizia oggi alle 18.15, con l’equinozio di marzo, quella che nella poesia dello scrittore russo “stupisce” per questo suo stato di sospensione tra due stagioni.

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Endogurov

IVAN ENDOGUROV, “INIZIO DELLA PRIMAVERA”

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LA FRASE DEL GIORNO.
La primavera della vita e la primavera dell'anno son fatte per essere cullate nel grembo verde della natura.
JEROME KLAPKA JEROME, I pensieri oziosi di un ozioso




PasternakBoris Leonidovič Pasternak (Mosca, 10 febbraio 1890 – Peredelkino, 30 maggio 1960),  poeta e scrittore russo, è universalmente noto per il suo primo e unico romanzo, Il dottor Živago. Insignito del Nobel per la Letteratura nel 1950, fu costretto dal regime sovietico a rifiutare il premio.


lunedì 19 marzo 2018

Sotto il fuoco della mia stella


MARIO LUZI

A UN FANCIULLO

Presso le porte Scee con Astianatte
fra i cedri pensierosi t’ho incontrato,
immagine di me, immagine mia,
e in quant’altre città, spinta dal tempo
forse a significarmi;
subito rifuggita via nell’ombra
più volte, più volte per i secoli.

Lungo quant’altre mura ti ricordo
con i chiari fanciulli nel silenzio
della sera pei chiassi e le piazzole;
t’inchinavi a giuocare sostenuto
forse dal mio destino, sotto il fuoco
scuro della mia stella.

(da Un brindisi, Garzanti 1946)

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Non è solo l’incontro di Ettore e del figlio Astianatte – con la madre Andromaca - a Troia, presso le poste Scee, raccontato da Omero nel sesto canto dell’Iliade: “Sorrise il caro padre, e la nobile madre, / e subito Ettore illustre si tolse l'elmo di testa, / e lo posò scintillante per terra; / e poi baciò il caro figlio, lo sollevò fra le braccia, / e disse, supplicando a Zeus e agli altri numi: / "Zeus, e voi numi tutti, fate che cresca questo / mio figlio, così come io sono, distinto fra i Teucri, / così gagliardo di forze, e regni su ilio sovrano; / e un giorno dica qualcuno: ‘È molto più forte del padre!’, / quando verrà dalla lotta”. Il poeta Mario Luzi riconosce in questo incontro non solo quello di lui stesso e di suo figlio, ma anche quello di ogni padre e di ogni figlio, quella dipendenza anche del destino, quel dover competere del figlio con la figura del padre, quel doversi cimentare con la sua ombra e le sue conquiste, quel dover in qualche modo redimere i suoi passi falsi.

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Scee

FERDINANDO CASTELLI, “L’INCONTRO DI ETTORE E ANDROMACA PRESSO LE PORTE SCEE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non è difficile diventare padre; essere un padre, questo è difficile.
WILHELM BUSCH, Julchen




Mario Luzi (Castello di Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005), poeta italiano, fu uno dei grandi rappresentanti dell’Ermetismo. Più volte candidato al Nobel, fu insignito della Legion d’Onore. Fu Accademico della Crusca e senatore a vita.


domenica 18 marzo 2018

Al buio nella stanza


VANIA VARGAS

VENERDÌ, LE 3 DI NOTTE

Non avremmo fatto l’amore
già lo sapevamo

Allora camminavamo al buio
nella stanza
come se stessimo sognando
un amalgama di ombre
che respirava con difficoltà
sostenendo
tutto il peso della notte

E quando aprivamo gli occhi
o li richiudevamo
non so di preciso
eravamo l’uno al lato dell’altra
sapendo che l’amore serve
a riempire i vuoti
proprio come leggere o scrivere
la sola cosa che insistevamo a fare
stanchi di non imparare a vivere

Fuori
la sirena di una fabbrica
annunciava il turno dell’alba

La porta continuava a essere aperta
tremavo di freddo
gemevo appena
mente ascoltavamo
nelle nostre menti
il narratore che raccontava
la storia di due esseri che
quando infine aprivano gli occhi
o li chiudevano
non so di preciso
parlavano senza vedersi
come se fossero soli
guardando fisso il soffitto
o la finestra aperta
mentre ognuno segnava spirali
sul ventre troppo sensibile
per continuare a pronunciare
“impossibilità” e “morte”
senza ansia
per vestirsi senza tristezza
dandosi le spalle

Oltre gli alberi
dall’altro lato del viale
il faro di un edificio gridava
che la stanza era piena di rami
cespugli neri
che disegnavano le onde del vento
sulle pareti credute pulite
sulle loro braccia nude
sui loro volti
solo per convincerli
che le creature dei boschi
come loro
non esistono
che in una stanza piena di alberi
il freddo non finisce mai


La solitudine e la paura, l’amore stesso che si fa incomprensione: la poetessa guatemalteca Vania Vargas disegna questo sogno notturno dove si riflettono immagini alla Edward Hopper – un incubo, piuttosto -  in cui persino la stessa città disegna i suoi fantasmi. E allora, “avvicinati, / se poni il tuo orecchio qui sul mio petto, / ascolta come corrono i cavalli selvaggi // Chiudi gli occhi / immagina le dimensioni di questo deserto”.

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Tuschman

FOTOGRAFIA DI RICHARD TUSCHMAN

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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni tanto il caos riprende i suoi spazi / per ricordarci che un tempo tutto gli apparteneva.
VANIA VARGAS, Segni particolari e cicatrici




vania-vargas-por-Ricardo-Ramírez-ArriolaVania Vargas (Quetzaltenango, 12 gennaio 1978), narratrice, poetessa e giornalista guatemalteca. Dirige la rivista online Luna Park. La sua opera poetica comprende Racconti infantili (2010), Forse quel giorno non è nemmeno oggi (2010), e Segni particolari e cicatrici, 2015)


sabato 17 marzo 2018

L’albero che rinverdiva


SERGIO SOLMI

SOPRA ALCUNI MIEI VECCHI TEMI

Una volta
era il getto sfrangiato
dal vento, screziato da tutti i colori
dell’arcobaleno. Era
l’albero che rinverdiva alla pioggia
di primavera, sotto il cielo volta
a volta rannuvolato e sereno,
azzurro o grigio secondo
calma o procella.

Ora il getto
si è spento, il ramo
è secco, sono cadute
tutte le foglie. Sul devastato
giardino spira
il gelo dell’inverno, e la punta
della spada sta toccando il cuore.
Dalla più alta
vetta del nero pino la nera
rauca cornacchia sguaiata ironica sghignazza
sul disastro.

Autunno 1972

(da Poesie, meditazioni e ricordi, Adelphi, 1983)

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Il vecchio tema è quello di Giardino, una poesia da Fine di stagione, opera del 1933: “L'iridato / getto che il vento obliqua e sfrangia, vela / per un istante il paesaggio / lo appanna come una memoria. / (…) / Bellezza un poco cruda, non mia forse, / e troppo mia, / come una spada lampeggiante un giorno / mi feristi nel sonno adolescente, / dentro t'ebbi a non farmi più dormire”. Nell’autunno del 1972 Sergio Solmi ha 73 anni e, alla luce di quei quasi quarant’anni passati, sente  il peso del tempo, che ha cancellato la giovinezza e inaridito le forze, portando la vita dalla primavera all’autunno.

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Inverno

CLAIRE WILTSHER, “NUDO INVERNO”

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita sbaglia i tempi, i modi, perde / gli appuntamenti e ride / pazza sotto la benda.
SERGIO SOLMI, Poesie




Sergio Solmi (Rieti, 16 dicembre 1899 – Milano, 7 ottobre 1981),  scrittore, poeta, critico letterario e saggista italiano. È stato poeta tanto originale quanto radicato nella tradizione italiana nonché felice traduttore. Come critico, si occupò di letteratura francese (Alain, Montaigne, Rimbaud), di paraletteratura e di Giacomo Leopardi.


venerdì 16 marzo 2018

Dei baci che non mi dai


JUAN GELMAN

LA TUA VOCE È SCURA

La tua voce è scura
dei baci che non mi hai dato
dei baci che non mi dai
la notte è polvere di questo esilio.

I tuoi baci appendono lune
che congelano la mia strada.
E tremo
sotto il sole.

(da Dibaxu, 1994)

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Scritta in idioma sefardita, la lingua giudeo-spagnola degli ebrei di Spagna, questa del poeta argentino Juan Gelman è la poesia dell’esilio, dell’assenza forzata e dolorosa dalla madrepatria, come una donna che non riversa il suo amore e che fa di ghiaccio il paesaggio. E la lingua stessa di Dibaxu è significativa, “come se l'estrema solitudine dell'esilio mi spingesse a cercare le radici nella lingua, il linguaggio più profondo e più esiliato”.

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Esilio

ION THEODORESCU-SION, “OVIDIO IN ESILIO”

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LA FRASE DEL GIORNO
La realtà non è soltanto quello che è successo o che sta succedendo. È anche quello che sarebbe potuto essere e non è stato, è l'infinita possibilità data agli esseri umani.
JUAN GELMAN, Avvenire, 27 settembre 2003




Juan Gelman (Buenos Aires, 3 maggio 1930 – Città del Messico, 14 gennaio 2014), poeta, scrittore e giornalista argentino. Vincitore del Premio Cervantes nel 2007, è autore di una poesia esistenziale con accenti lirici e intimisti, divenuta più sociale con l’avvento della dittatura militare (il figlio e la nuora furono sequestrati e uccisi dal regime, la nipote data in adozione) e l’esilio.


giovedì 15 marzo 2018

Ho mangiato poesia


MARK STRAND

MANGIARE POESIA

Cola inchiostro dagli angoli della mia bocca.
Non c’è felicità pari alla mia.
Ho mangiato poesia.

La bibliotecaria non crede ai suoi occhi.
Ha gli occhi tristi
e cammina con le mani chiuse nel vestito.

Le poesie sono scomparse.
La luce è fioca.
I cani sono sulle scale dello scantinato, stanno salendo.

Gli occhi ruotano le orbite,
le zampe chiare bruciano come stoppia.
La povera bibliotecaria comincia a battere i piedi e a piangere.

Non capisce.
Quando mi inginocchio e le lecco la mano,
urla.

Sono un uomo nuovo.
Le ringhio, abbaio.
Scodinzolo di gioia nel buio libresco.

(da Reasons for Moving, 1968 - Traduzione di Natàlia Castaldi)


“Possedere / qualcosa oltre il mondo che conosciamo, oltre noi stessi”: è questo il sogno di Mark Strand, ovvero la poesia. Mangiare la poesia sotto gli occhi allarmati di una bibliotecaria non è un atto di cannibalismo, ha qualcosa del rito cristiano: è un assumere il corpo della poesia per diventare noi stessi poesia e “liberare i cani del Sé”.

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Poesia

IMMAGINE DAL WEB

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia ci aiuta a immaginare che cosa vuol dire essere umani.
MARK STRAND, Inscape Journal, 17 settembre 2013




Mark Strand (Summerside, Canada, 11 aprile 1934 – Brooklyn, 29 novembre 2014), poeta statunitense di origini canadesi, fu saggista e traduttore, professore di Letteratura inglese e comparata alla Columbia University. Nel 1990 fu insignito della carica di Poeta Laureato della Biblioteca del Congresso.


mercoledì 14 marzo 2018

Centenario di Abba Kovner


Il 14 marzo 1918 nasceva a Sebastopoli, in Ucraina, il poeta israeliano Abba Kovner. Trasferitosi con la famiglia in giovane  età a Vilnius, in Lituania, all’atto dell’invasione tedesca, fuggì nei boschi e si unì alla lotta partigiana, ponendosi a capo di una numerosa serie di sabotaggi e fondando Nakam, un’organizzazione segreta che aveva come scopo la vendetta sui tedeschi. Nel 1947 si trasferì nel neonato Stato di Israele, nel kibbutz di Ein HaHoresh. Tra le sue opere poetiche vanno segnalate Ad Lo-Or, del 1947, che racconta le drammatiche esperienze della resistenza antinazista e Sloan Kettering, del 1987, un resoconto della lotta contro il cancro alle corde vocali che lo portò al ricovero nell’ospedale newyorkese.

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Kovner

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COME UN SIGILLO

1.

Quanto poco ci serve
per essere felici:

un aumento di peso di mezzo chilo,
due giri dei corridoi
dello Sloan-Kettering*
in ciabatte
un mattino senza aspirina
il silenzio dolce come un pozzo,
una lontana
duna di sabbia
dietro il ponte verde
un pezzo di prato
e tu dietro di me che cominci
a sferruzzare una nuova maglia.


2.

Il ritmico movimento
dei ferri tra le tue dita
ha qualcosa del ritmo ai-li
lu-lu-li-
suoni che vivono in un uomo
con tutte le altre irrealtà
non ancora spazzate
dai massacri.

* Il Il Memorial Sloan–Kettering Cancer Center (MSKCC) è un centro newyorkese per la ricerca e il trattamento del cancro

(da Sloan-Kettering, 1987)

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UNA SCATOLA DI SPEZIE

Non sai mai dove comincerai -
da una semplice parola, un suono, una porzione chiusa -
Non sai mai se la causa immediata
è il profumo dell’erba falciata,
o il gruccione avvelenato
caduto tra i gerani
come concausa
al suono di una campana nascosta -

Non lo sai mai. Quella che chiamiamo anima
è come una scatola di spezie sigillata.
Finché è chiusa il senso dell’olfatto resta in attesa
impotente. Aperta –
beati gli anosmici che non conoscono
il brivido delle narici riempite
dall’aroma della resina
il fremito sottile
di inghiottire la prima vocale
prima che cali e si mescoli
con il caos.
E il suo penetrare.
Il sudore.
Il piacere.
E il dolore.

(da Shirat Rosa, 1987)

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LA FRASE DEL GIORNO
Il muro di un chiostro è alto. / Un muro di silenzio / ancora di più.
ABBA KOVNER



abba-kovner-hpAbba Kovner (Sebastopoli, Ucraina, 14 marzo 1918 – Ein HaHoresh, Israele, 25 settembre 1987) è stato un poeta, scrittore e partigiano israeliano di natali ucraini. Divenne uno dei più importanti poeti del moderno Israele. Nel 1961 fu testimone d’accusa al processo contro il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann.


martedì 13 marzo 2018

Come pietra preziosa


ROCCO SCOTELLARO

ORA CHE TI HO PERDUTA

Ora che ti ho perduta come una pietra preziosa
so che non ti ho mai avuta né spina né rosa:
non stavi al fondo della cassa che sarebbe bastato
alzare panni e coperte per rivederti a posto
con pena e occhi incerti nella massa delle cose.
Ti portavo addosso con carte e matite e monete
e sapevo di perderti ma non come pietra preziosa,
credevo che tant’acqua poteva levarmi la sete.
Ora, che voglio fare?, guardare dove non c’eri
dove non sei dove non sarai con i tuoi occhi neri.

1953

(da È fatto giorno, Mondadori, 1954)

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La perdita di un amore, di una gioia che in fondo si credeva di avere ma che non si è mai veramente posseduta mostra al poeta lucano Rocco Scotellaro i veri territori di quel paradiso perduto ormai per sempre, quei valori sui quali ci si ingannava.

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nighthawk_lonesome_man

EDWARD HOPPER, “I NOTTAMBULI”, PARTICOLARE

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LA FRASE DEL GIORNO
È rimasto l’odore / della tua carne nel mio letto. / È calda così la malva / che ci teniamo ad essiccare /per i dolori dell'inverno.
ROCCO SCOTELLARO, È fatto giorno




Rocco Scotellaro (Tricarico, 19 aprile 1923 – Portici, 15 dicembre 1953), scrittore, poeta e politico italiano impegnato nella lotta per miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei contadini. La sua poesia è caratterizzata da da un'ambientazione pastorale serena, da un'armonia di immagini e visioni che esaltano la vita bucolica.


lunedì 12 marzo 2018

Machado al supermercato


ELDER SILVA

SUPER MACHADO

Vado al supermercato
e salto la corsia dei cosmetici
e dei balsami per i capelli.
Ignoro la parata di saponi,
evito la baruffa dei detersivi
e vado dove sono la scarola e le rape.

Non so perché entro nei supermercati
se le uniche cose che compro sono il vino
e certe verdure che mi piacciono.

Sogno di incontrare Antonio Machado
in queste grandi superfici:
giacca lisa,
occhi arrossati dall’amore,
la sfortuna e la sua orma intatta,
che con con una baguette
passa il codice a barre alla cassa uno.

(inedito, da Op. Cit., 27 febbraio 2018)

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Una poesia ironica e anticonsumistica: così il poeta uruguaiano Elder Silva sogna in un onirico gioco letterario di incontrare il grande poeta spagnolo Antonio Machado e la sua quasi taoista esistenza solitaria, caratterizzata, come le sue poesie, dalla malinconia e dalla nostalgia.

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Supermercato

MARC DE JONG, “SUPERMARKET”

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LA FRASE DEL GIORNO
È che il canto degli uccelli / gira per il mondo, il sole, il sistema planetario, / come certe volte / — poche, molto poche — / capita anche alla poesia.
ELDER SILVA




SilvaElder Silva Rivero (Pueblo Lavalleja, 13 novembre 1955) è uno scrittore, giornalista, insegnante e gestore culturale uruguaiano.Il suo esordio poetico avvenne nel 1982 con “Linee di fuoco”, cui seguirono negli anni “Quaderni agrari”, “Fotonovela”, “Il male delle assenze”, “Bar Bukowski”.


domenica 11 marzo 2018

Come un incensiere


CHARLES BAUDELAIRE

ARMONIA DELLA SERA

Ora vibra sullo stelo ogni fiore
svapora in aria come un incensiere,
suoni profumi affollano la sera:
valzer triste, vertigine, languore.

Svapora il fiore come un incensiere,
freme il violino, contristato cuore,
valzer triste, vertigine, languore!
Il cielo è bello e triste come altare.

Freme il violino, contristato cuore,
un cuore ostile al nulla immenso, nero.
Il cielo è bello e triste come altare:
il sole annega nel suo sangue d’oro.

Un cuore ostile al nulla immenso, nero,
del passato conserva ogni tesoro.
Il sole annega nel suo sangue d’oro…
Ostensorio è il tuo volto in me, raggiera!

(da I fiori del male, 1857 - Traduzione di Antonio Prete)

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Il poeta simbolista francese Charles Baudelaire descrive il tramonto, in una corrispondenza di suoni, colori e profumi, come se fosse un rituale, prende a prestito infatti molti termini della liturgia cristiana. Ed è un rito cruento, a dispetto del titolo “Armonie della sera”: il sole annega nel suo stesso sangue per poi risorgere nell’alba, “quando, simile a un poeta, scende nelle città, /  nobilita le cose più vili / e s’introduce da re senza rumore, senza paggi, / entro tutti gli ospedali e tutti i palazzi”.

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Tramonto

FOTOGRAFIA © JOHN O’GROATS

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LA FRASE DEL GIORNO
I soli declinanti / rivestono i campi, / i canali, l’intera città, / di giacinto e d’oro; / il mondo s’addormenta / in una calda luce.
CHARLES BAUDELAIRE, I fiori del male




Charles Baudelaire (Parigi, 7 aprile 1821 - 31 agosto 1867), poeta francese, considerato il padre del Simbolismo. Dopo un viaggio in Oriente, trascorse quasi tutta la vita a Parigi in un alternanza di droghe, alcool, disordini e aspirazioni ideali. La sua poesia verte sull'uomo, le sue cadute e i suoi tentativi di rialzarsi tra spleen e ideale.


sabato 10 marzo 2018

Gabbiani sulle rive del Tevere


ATTILIO BERTOLUCCI

I GABBIANI

Non avevo mai visto gabbiani sulle rive del Tevere
cangianti in questa fine d’inverno le penne e le acque.

Mi sono appoggiato al granito come fanno quelli
che vegliano sulla propria vita o morte usando

un’intenta pazienza ma i miei occhi distratti
seguivano le planate rapinose degli uccelli plumbeoargentei

sino a che furono sazi i ventri affusolati i becchi
già risplendendo su altri flutti a un sole diverso

per il procedere  inevitabile del tempo le mie
pupille stanche e ancora voraci ormai volte

sull’emporio mobile delle vie popolose di Roma
alla cerca disperata nell’ora dell’ipoglicemia

d’un alimento improvviso soltanto a me noto
in una rivelazione gioiosa e sterile nell’ombra-luce

sanguigna da attici e cornicioni meridiani
fumigando sui colli i rami verdi della potatura

sino a ottenebrare il cielo pietoso del ritorno.

(da Viaggio d’inverno, Garzanti, 1971)

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Una luce viva, che impedisce di guardare più a lungo il Tevere e i suoi riflessi argentati: un altro inverno finisce in una sarabanda di voli di gabbiani a sfiorare l’acqua, a riempire il cielo di Roma. E Attilio Bertolucci si distrae dal suo male di vivere osservandoli, prima di tuffarsi nelle strade del centro in cerca di qualcosa da mangiare, portando altrove la propria malinconia.

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Gabbiani

FOTOGRAFIA © PXLEYES

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LA FRASE DEL GIORNO
Sono gli ultimi giorni dell'inverno / a bagnarci le mani e i camini / fumano più del necessario in una / stagione così tiepida.
ATTILIO BERTOLUCCI, Viaggio d’inverno




Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.


venerdì 9 marzo 2018

Posalo sullo sgabello


AMRITA PRITAM

UN’UNIONE CON IL SÉ

Il mio letto ti attende
Ma come le scarpe e la camicia
Togli anche il tuo corpo
Posalo sullo sgabello
Non temere —
Ogni paese ha le sue usanze

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Amore, amore vero e puro: non soltanto quello del corpo, ma quello dell’anima, quello che fa sì che si tratti d’amore e non di sesso: è quello che chiede a chi la ama la poetessa indiana del Punjab Amrita Pritam, l’unione degli spiriti.

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Ansell

DIPINTO DI MARY JANE ANSELL

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma se tu davvero vuoi trovarmi, / bussa ad ogni porta nelle vie di / ogni città di ogni paese. / (…) / e dovunque vi sia / lo sguardo di uno / spirito libero /- quella è la mia casa.
AMRITA PRITAM




Amrita Pritam nata Amrita Kaur (Gujranwala, Pakistan, 31 agosto 1919 – Delhi, 3 ottobre 2005), scrittrice indiana, considerata la prima donna importante della letteratura del Punjab. Nel 1947, con l’indipendenza del Pakistan, si trasferì in India e iniziò a scrivere anche in lingua hindi.


giovedì 8 marzo 2018

Donna, mistero senza fine bello


GUIDO GOZZANO

LA SIGNORINA FELICITA, V

Ozi beati a mezzo la giornata,
nel parco dei Marchesi, ove la traccia
restava appena dell’età passata!
Le Stagioni camuse e senza braccia,
fra mucchi di letame e di vinaccia,
dominavano i porri e l’insalata.

L’insalata, i legumi produttivi
deridevano il busso delle aiole;
9volavano le pieridi nel sole
e le cetonie e i bombi fuggitivi....
Io ti parlavo, piano, e tu cucivi
innebriata dalle mie parole.

«Tutto mi spiace che mi piacque innanzi!
Ah! Rimanere qui, sempre, al suo fianco,
terminare la vita che m’avanzi
tra questo verde e questo lino bianco!
Se Lei sapesse come sono stanco
delle donne rifatte sui romanzi!

Vennero donne con proteso il cuore:
ognuna dileguò, senza vestigio.
Lei sola, forse, il freddo sognatore
educherebbe al tenero prodigio:
mai non comparve sul mio cielo grigio
quell’aurora che dicono: l’Amore....»

Tu mi fissavi.... Nei begli occhi fissi
leggevo uno sgomento indefinito;
le mani ti cercai, sopra il cucito,
e te le strinsi lungamente, e dissi:
«Mia cara Signorina, se guarissi
ancora, mi vorrebbe per marito?»

«Perché mi fa tali discorsi vani?
Sposare, Lei, me brutta e poveretta!...»
E ti piegasti sulla tua panchetta
facendo al viso coppa delle mani,
simulando singhiozzi acuti e strani
per celia, come fa la scolaretta.

Ma, nel chinarmi su di te, m’accorsi
che sussultavi come chi singhiozza
veramente, né sa più ricomporsi:
mi parve udire la tua voce mozza
da gli ultimi singulti nella strozza:
«Non mi ten....ga mai più.... tali dis.... corsi!»

«Piange?» E tentai di sollevarti il viso
inutilmente. Poi, colto un fuscello,
ti vellicai l’orecchio, il collo snello....
Già tutta luminosa nel sorriso
ti sollevasti vinta d’improvviso,
trillando un trillo gaio di fringuello.

Donna: mistero senza fine bello!

(da I colloqui, 1911)

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Donna, mistero senza fine bello: un endecasillabo che è diventato addirittura proverbiale, posto dal poeta crepuscolare torinese Guido Gozzano a chiusura delle sestine della quinta parte della Signorina Felicita. E quel verso valga di omaggio oggi – ma ricordando come ogni volta che l’anno non si riduce solo a questa giornata - a tutte le donne, perché tutte siete un mistero senza fine bello…

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Felicita

SCENA DA “LA SIGNORINA FELICITA O LA FELICITÀ” – TEATRO STABILE DI TORINO

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LA FRASE DEL GIORNO
La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola; ma soprattutto è un'armonia generale
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CHARLES BAUDELAIRE




Guido Gustavo Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – 9 agosto 1916),   poeta italiano, fu il capostipite della corrente letteraria post-decadente del crepuscolarismo. Inizialmente si dedicò alla poesia nell'emulazione di D'Annunzio e del suo mito del dandy. Successivamente, la scoperta delle liriche di Giovanni Pascoli lo avvicinò alla cerchia di poeti intimisti, accomunati dall'attenzione per "le buone cose di pessimo gusto". Morì di tisi a 32 anni.